Ciao Zaha
Si è spenta ieri (31 Marzo 2016, ndr) la donna più influente nel mondo dell’architettura, Zaha Hadid.
Zaha non era solo un architetto, o meglio una archistar, ma anche una pittrice, designer e artista a tutto tondo. Da quando cominciò la sua cavalcata sulla scena internazionale negli anni ottanta si capì subito che sarebbe stata destinata a lasciare un segno indelebile nella storia dell’architettura. D’altronde gli ingredienti erano quelli giusti: donna, irachena di nascita e inglese di adozione, laureata in matematica a Beirut e poi a Londra in architettura presso la Architectural Association. Dopo la laurea e tre anni trascorsi in OMA di Rem Koolhaas, nel 1979 aprì a Londra il suo studio professionale. E’ stata la prima donna architetto a vincere il Pritzker Prize nel 2004, l’equivalente del Premio Nobel per l’architettura.
All’età di 65 anni e dopo quasi 40 anni di attività, ha realizzato opere in tutto il mondo ed esportato un nuovo modo di concepire lo spazio architettonico. Lo spazio si libera dalle consuete dimensioni, si fa energia e flusso, si compone di agili geometrie e linee dinamiche.
Per la Hadid gli anni novanta sono cruciali e si apre una nuova fase con la realizzazione di diversi edifici tra cui la iconica Vitra Fire Station, la stazione dei Vigili del Fuoco a Weil am Reihn, in Germania, costruita nel 1993 che è diventata un simbolo dell’architettura del secolo scorso.
La complessità delle forme e delle tecniche utilizzate dall’architetta anglo-irachena la porta inevitabilmente a diventare una pioniera degli strumenti digitali e tridimensionali che in quegli anni erano l’avanguardia. Questo approccio è visibile soprattutto nei grandi masterplan progettati per Singapore nel 2001 e New York nel 2004 che prefigurano un’esperienza di vita urbana flessibile per gli stili di vita del domani.
Zaha Hadid ha lasciato il suo segno forte anche in Italia. Ha progettato opere a Roma, Salerno, Milano, Afragola e Cagliari, risultando vincitrice di diversi concorsi di architettura. Le sue opere così contemporanee sono state spesso criticate. Ma le architetture di Zaha non sono mai banali oggetti di gusto personale e nonostante la loro natura avveniristica sono capaci di dialogare con il contesto, naturale, storico o moderno che esso sia, amplificandone i contenuti e evidenziandone i pregi.
Accade questo al MAXXI di Roma, il museo delle arti del XXI secolo, opera che si insedia sulle tracce di una vecchia caserma dismessa. Il nuovo si fonde alla preesistenza, nella struttura e nei prospetti, protendendo i suoi arti verso la città e legando tra loro gli isolati circostanti. All’interno e all’esterno del museo, il visitatore si veste da viaggiatore trovandosi catapultato in un epoca futuribile, posto al centro di flussi e percorsi veloci che ricordano inesorabilmente i romanzi di Isac Asimov. Fuori da questo spazio la città storica resta a guardare la massa di cemento faccia-vista e vetro che come un’operazione chirurgica ricuce uno strappo nel tessuto urbano.
La stazione dell’Alta Velocità di Afragola, in Campania, attualmente in costruzione è il progetto vincitore del concorso bandito dalle Ferrovie dello Stato nel 2003. L’edificio è un ponte tra le sponde dei binari che funge da passaggio tra i due ambiti urbani divisi dalla ferrovia. Il concetto di collegamento pubblico urbano si fonde alle geometrie determinate dal flusso dei viaggiatori.
Opera molto discussa è il masterplan di City Life nel quartiere Fiera di Milano progettato insieme agli architetti Daniel Libeskind, Arata Isozaki e Pier Paolo Maggiora. E’ un nuovo centro urbano che si estende su 255.000 mq composto da complessi residenziali, un parco e tre grattacieli. Proprio questi ultimi sono oggetto delle critiche in quanto, a detta di coloro che li osteggiano, poco legati al contesto fatto prevalentemente di una edilizia tradizionale. La Hadid dal canto suo afferma che tali opere non sono in contrasto con Milano, ma che anzi offrono un “nuovo profilo alla città, nuove condizioni di vita e forme di abitare”.
Infine, a Salerno l’architetta ha progettato la nuova stazione marittima destinata ad accogliere i croceristi in sosta nella città alle porte della Costiera Amalfitana. Questo il senso che ha dato vita alla forma di ostrica, una conchiglia che riflette i raggi solari che si infrangono sulla sua multiforme copertura in mille direzioni. Una struttura dinamica che da un lato si slancia verso il mare come una nave pronta a salpare, e dall’altro si ancora alla banchina come il guscio di un mollusco aggrappato allo scoglio per evitare la deriva.
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